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Pietro Angeleri nacque nel 1215 a Isernia. Giovanissimo divenne monaco benedettino, ma una volta ricevuta la consacrazione sacerdotale a Roma, preferì ritirarsi in un eremo alle pendici del Monte Morrone, sopra Sulmona. Interrotta per qualche tempo la vita eremitica, organizzò i suoi fedeli in un gruppo comunitario che ottenne il riconoscimento da Gregorio X come ramo dell’ordine benedettino; la congregazione si chiamò semplicemente dei frati di Pietro del Morrone e solo successivamente prese il nome pontificio del fondatore, ossia frati Celestini.
Dedito da sempre alla vita contemplativa e alla preghiera, venne eletto Papa il 5 luglio 1294 dopo una vacanza di ventisette mesi. Inizialmente rifiutò, poi – con estrema riluttanza – accettò, ma solo per obbedienza e venne consacrato il 29 agosto 1294 nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio a l’Aquila con il nome di Celestino V. Dopo aver fatto approvare dal Concistoro la bolla che prevedeva l’abdicazione di un Papa per gravi motivi, il 13 dicembre dello stesso anno abdicò in quanto il suo intento era quello di ritornare alla solitudine continuando la vita da anacoreta. Per questo motivo Dante lo avrebbe definito come colui che per viltade fece il gran rifiuto (Inferno, Canto III, vv. 59-60). Il suo successore, l’allora Benedetto Caietani – futuro Papa Bonifacio VIII (1296-1303), per timore di uno scisma, lo costrinse a vivere in luoghi da lui sorvegliati. Il papa-eremita tentò più volte la fuga verso l’Oriente, ma la sua avventura non ebbe comunque termine; egli avrebbe voluto tornare nell’eremo, ma il subdolo suo seguace non glielo permise. Lo fece catturare il 16 maggio 1295 da Guglielmo d’Estendard, fu condotto prima a Capua e poi ad Anagni nella stessa residenza di Bonifacio VIII, e fu, infine, da quest’ultimo rinchiuso nella rocca di Fumone, dove morì il 19 maggio 1296 e sepolto dapprima nel Monastero di Sant’Antonio Abate  a Ferentino – da lui stesso fondato – e successivamente – nel 1327 – le sue spoglie furono trasportate nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio a l’Aquila. Corse subito voce che fosse stato assassinato per ordine di Bonifacio VIII e la fama di martire restò comunque legata al suo nome.