Nell’assetto urbanistico ed architettonico della Ferentino medievale un ruolo notevole riveste la splendida Abbazia di Santa Maria Maggiore, di impostazione e moduli costruttivi di evidente derivazione cistercense.
È uno dei monumenti più insigni del Lazio Meridionale in quanto una delle prime chiese in stile gotico cistercense, assieme a Fossanova e Casamari. Si pensa, infatti, che anticamente detta abbazia dovesse essere collegata con la grangia dell’abbazia di Casamari e come quest’ultima dovesse possedere un chiostro, testimoniato dai resti di arcate nella parete nord.
Fu edificata probabilmente nella seconda metà XIII secolo (F. Munoz, C. Enlart, E. Lavagnino) e la costruzione è opera dei monaci cistercensi presenti nella zona già dal 1135, da quando cioè San Bernardo da Chiaravalle, con la protezione e la spinta di Papa Innocenzo III, venne a rinnovare l’ordine benedettino. Quindi agli abili costruttori cistercensi venne affidato il compito di monumentalizzare solennemente l’edificio di culto, ampliandolo ed aggiornandolo con forme così richieste dalla nuova architettura. La chiesa di Santa Maria Maggiore è importante anche per le numerose fonti storiche:

1- Nell’Archivio Vescovile di Ferentino è conservato un documento nel quale si attesta che: Hac in civitate in Ecclesia Sanctae Mariae Majioris, Papa Eugenius III, 1150, nonnullos creavit Episcopos ut videre est in Cronico Fossaenovae et a Card. Baronio in suis annalibus confirmatum. Il Pontefice Eugenio III (1145-1153) trascorreva molto tempo a Ferentino e dal testo suddetto si evince che nominò Vescovi ed Arcivescovi nell’Abbazia nel 1150, quindi la chiesa a quel tempo doveva già essere terminata e consacrata;

2- Papa Innocenzo II (1130-1143), cistercense, veniva spesso a Ferentino. Trovava, infatti, in San Bernardo un valido sostenitore della sua causa contro l’antipapa Anacleto II (1130-1138). Il fondatore dell’ordine cistercense insieme ad Innocenzo II portò la riforma cistercense a Fossanova (1135), a Ferentino (1137) e a Casamari (1140).

3- I Cistercensi costruirono la loro chiesa forse in una decina di anni e la solenne consacrazione di molti Vescovi ed Arcivescovi ad opera di Papa Eugenio III è giustificata dalla presenza affermata e fiorente della comunità cistercense, dalle notevoli dimensioni della chiesa stessa, dalla protezione dei 2 Papi cistercensi (Innocenzo II ed Eugenio III) che hanno permesso la costruzione della chiesa.

4- Luigi VII Re di Francia, nel 1149 – di ritorno dalla disastrosa crociata voluta dal Pontefice Eugenio III e da San Bernardo, si fermò a Ferentino per un po’ di tempo. Nulla vieta di pensare ad un’ospitalità da parte dei Monaci Cistercensi. In quest’occasione il suddetto Re avrebbe forse portato il Sacro Lenzuolo dall’Oriente in terra francese.

L’esterno – facciata principale volta ad occidente – si presenta così suddiviso: la facciata appare suddivisa orizzontalmente in 3 zone segnate da cornici marcapiano poco aggettanti. Nella parte inferiore si aprono 3 portali: quello centrale merita attenzione perché ornato da un elegante protiro trecentesco realizzato in marmo e con elementi derivanti dal limitrofo teatro romano. Da terra partono 2 leoni stilofori che sorreggono due coppie di colonnine con capitelli a crochet1 da cui parte uno splendido arco ogivale. Sulla sommità dell’arco si nota una lastra marmorea contenente ai lati i simboli dei 4 evangelisti (Leone per San Marco, Angelo per San Matteo, Toro per San Luca, Aquila per San Giovanni) ed al centro l’Agnello Crucifero, metaforicamente indicante Gesù. L’eleganza del portale centrale è data anche dalla straordinaria abilità esecutiva realizzata nell’impianto scultoreo dell’archivolto più esterno costituito da una decorazione fitomorfa, quasi a spirale, terminante con una testina – forse leonina – posta all’apice (tipica delle decorazioni dei portali delle chiese della zona pontina, quali – ad esempio – Priverno). L’archivolto più interno, invece, riprende l’iconografia e lo stile degli stipiti. La lunetta doveva in origine presentare una decorazione mosaicata raffigurante la Vergine con Gesù, San Benedetto e San Bernardo da Chiaravalle giunto per rinnovare l’ordine benedettino. La fascia centrale non presenta decorazioni scultoree ma soltanto beccatelli sgusciati ai lati del sottotetto. Nella parte superiore emerge, maestoso, il rosone a 12 raggi, simbolo dei 12 Apostoli; la sua struttura è piuttosto elaborata, presenta colonnine sia lisce che tortili e la sua funzione è quella di illuminare la navata centrale. Sulla sua sommità è presente un bassorilievo in marmo bianco che raffigura il Cristo Benedicente. Le porte laterali sono decorate, invece, con delle lunette semicircolari, profilate da cornici marmoree; nel portale di sinistra alla base dell’arco sono presenti 2 testine umane raffiguranti una l’imperatore Federico II e l’altra sua madre Costanza d’Altavilla, per ripagare i due illustri personaggi della loro munificenza ed elargizione in occasione dei rifacimenti dell’abbazia. Tra il portale principale e quello laterale sinistro è presente la pietra tombale di Sant’Ambrogio sulla quale sono incise queste parole:

AMBROSIO Px P.P.E.S.

(Ad Ambrogio Cristiano il Santo Vescovo Pasquale pose)

Lapide S. Ambrogio

Si tratta, appunto, della pietra che chiudeva il sepolcro di Sant’Ambrogio Martire, patrono della città e della Diocesi, nel periodo in cui le sacre reliquie furono conservate, nella precedente più antica Chiesa di Santa Maria Maggiore, allora Chiesa Cattedrale (fino al 1108). Quando nell’anno 824 furono ritrovati i resti mortali del centurione Ambrogio, che, dopo il martirio avvenuto il 16 agosto del 304, erano stati sepolti nell’antica necropoli fuori Porta Sant’Agata, il Santo Vescovo Pasquale, al tempo del Papa San Pasquale I (817-824), volle fossero portati trionfalmente e conservati con il dovuto onore e culto nell’allora Cattedrale di Santa Maria Maggiore. Qui rimasero fino al 29 dicembre 1108, quando il Vescovo Agostino li trasferì nella nuova Cattedrale sull’Acropoli, dove ancora oggi sono conservati.
Dai restauri effettuati nel 1951, sotto l’altare è stata rinvenuta un’epigrafe paleocristiana mutila, tutt’ora conservata nella cappella del SS. Sacramento. Dal testo dell’epigrafe si ricava la dedica di un certo Gaio Valerio in memoria della moglie, la quale, morta a soli 34 anni, aveva ricostruito a sue spese un edificio distrutto durante la persecuzione di Diocleziano del 303-304. Nella zona pavimentale, invece, durante gli anni ’80 sono venuti alla luce reperti che dimostrano che la chiesa fu costruita sull’area di un antico terrazzamento poligonale e sorge sui ruderi di altri 2 edifici di culto cristiano: la Domus Ecclesia di IV-V secolo ed una chiesa del IX secolo (periodo altomedievale). Sono venute alla luce anche le fondazioni di 2 edifici absidali con orientamento opposto a quello della chiesa attuale.
Dal punto di vista architettonico, l’interno, di impianto rettangolare nella parte inferiore – suddiviso in 3 navate – , e cruciforme nella parte superiore, si presenta distinto in due blocchi: quello anteriore, molto austero, di linea probabilmente romanica, con capriate lignee sorrette da pilastri a base rettangolare sormontati da archi ogivali; quello posteriore – abside e transetto – tipicamente cistercense coperto con volte a crociera poggianti su slanciati polìstili (colonne a fascio), ornati con capitelli di varie forme.
Dal punto di vista scultoreo, dietro l’altare (costruzione recente risalente al 1984 – con materiale di riutilizzo di un altare del 1911, opera di Luigi Morosini, "ingegnere-architetto" ferentinate), sulla parete frontale dell’abside, una bifora sormontata da una rosa, illumina la navata centrale, mentre le navate laterali sono illuminate da monofore strombate.
Un corto tiburio ottagonale si imposta sul tetto in corrispondenza della crociera centrale del transetto. Pregevole è anche un telamone reimpiegato come acquasantiera posto sul fondo della chiesa. Di epoca romanica (1220-1230 circa), reca inciso – oltre allo stemma di Ferentino – anche un’ironica scritta: U PESA.
Dal punto di vista pittorico, è interessante notare:

a) sulla parete di controfacciata una pala d’altare raffigurante l’Assunzione della Vergine, opera di Desiderio De Angelis e datata 1801. Il pittore raffigurò la Vergine assunta in cielo tra lo stupore degli Apostoli: la visione dal sotto in su, i forti contrasti chiaroscurali e la dinamica composizione sono i principali mezzi con cui Desiderio De Angelis coinvolge i fedeli nella visione dell’evento. Maria sale in cielo con la veste svolazzante tra gli angeli che le fanno da corona nella parte superiore della tela e San Pietro che, nella parte inferiore, inginocchiato, guarda con devozione la sua ascesa;

b) un affresco duecentesco, circondato da una cornice marmorea decorata da intarsi di stile cosmatesco. L’affresco raffigura la Madonna delle Grazie con il volto di 3/4 che regge in grembo il Bambino Gesù che con la mano sinistra stringe al petto il Vangelo. Si nota una forte bidimensionalità e rigidità delle figure, di tendenza ancora bizantineggiante.
In omaggio agli insegnamenti e alle direttive di San Bernardo, l’ abbazia è spoglia di ornamenti: semplice, austera, razionale ed essenziale, ricavata da una nuda roccia di travertino.
Nulla turba la chiarezza lineare, planimetrica e strutturale, l’unità dell’impianto interno, l’equilibrio compositivo, la nudità dello spazio longitudinale.
Tutto invita alla quiete, alla riflessione, alla preghiera, nel perfetto rispetto dei canoni cistercensi.

1 Il capitello a crochet, legato all’architettura gotica della fine del XII secolo e dell’inizio del XIII, si differenzia per alcune decorazioni curvilinee e terminanti
in forme sferoidali ai quattro angoli del capitello. Nei capitelli più complessi i crochet sono disposti anche in due o tre piani.
Santa Maria Maggiore
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